Soli e tramonti infuocati
Soli e tramonti infuocati
   
 
 
 

E i soli dei tramonti infocati. E i grandi quadri verdi, i monocromi bianchi o gialli o tutti neri o tutti bruni. Non si smentisce il filo conduttore dell’opera di Lucatello, l’esigenza di fare
realismo attraverso una prospettiva diversa, che dal particolare si rapporta al cosmo. E il risultato non si raggiunge attraverso una
rappresentazione antropomorfa, bensì
attraverso la forma materia che vibra
e trasmette empaticamente perché intessuta di umano.
Il Friuli è come un destino sognato. In mezzo a un mare di cose difficili, probabilmente Lucatello è felice.

I primi anni sono duri. Non conosce nessuno. La moglie ha smesso il lavoro e bisogna tirar su cinque figli. Quei figli che lui spesso disegna, sempre inquieto sulla sufficienza del cibo: appena può, forse memore di antica carestia, corre a comprare enormi bistecche che i
piccoli inghiottono a stento. Direttore dell’Istituto d’Arte, per sua fortuna, è a quel tempo Bruno Santini, veneziano intelligente e di grande finezza, e tra i due corre stima e rispetto. Così diventa più facile l’impatto con la scuola, quest’altra contorta istituzione che per tanti anni gli stimolerà protesta a volte
esasperata. Con il mondo artistico friulano, con i critici, le cose non cambiano molto; il candore provinciale cerca di emulare la spregiudicata ottusità del più vasto potere culturale dei centri ambiti. Ma in fondo è fortunato. Lui che aveva sempre inseguito la speranza di incontrare qualcuno che condividesse la “sua” visione della realtà attraverso la “sua” pittura, incontra preziosissimi amici che lo accompagneranno attraverso tutta la sua avventura friulana. Alcuni sono pittori, altri trovano a fatica lo
spazio di operare nella cultura locale e infine attraverso loro i collezionisti. Con questo
gruppo di amici, che riesce a leggerlo
nei quadri e ad accettare il suo ostinato ridurre tutto a pittura, inizia un dialogo autentico che lo compensa della disattenzione della critica ufficiale e placa la sua ansiosa domanda di sentirsi capito. Portavoce di questa battaglia inconsueta — ma lo è poi tanto? — è Renzo Viezzi che per anni cerca di portare avanti il suo discorso di pulizia e di chiarezza nei
percorsi della pittura.
Questo friulano intelligente, che brucia
rapidamente i bagagli che si porta dentro per spaziare con l’occhio attento là dove intravede l’emergere di un segno, sensibile ed
esuberante ma sordo ai compromessi,
arrabbiato e testardo quasi quanto lo è Lucatello, finirà per gettare la spugna
scontrosamente riducendo il suo mondo dentro i pochi valori tangibili.

 

 


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