Uno dei più importanti pittori veneziani del dopoguerra, Albino Lucatello (vedi biografia) divide il suo fare pittura in due grandi stagioni: quella, appunto, veneziana e quella friulana. Giovanissimo, dopo una serie di dipinti a soggetto lagunare di impianto impressionista, inizia un’intensa attività soprattutto grafica: i carbonai, le mondine, gli emarginati e tante figure femminili che si inseriscono rigorosamente nel filone neorealista. Poi dipinge i tetti, gli orti, i delta e intanto espone, vince il premio Tursi alla Biennale, firma un contratto con una galleria americana, organizza personali e partecipa a collettive negli Stati Uniti e in tutti i principali Paesi europei.

La seconda stagione comincia nel 1962 quando si trasferisce in Friuli: sebbene porti con sé i colori e le ampie stesure della tradizione veneziana — e la sua prepotente personalità — è come una rinascita. In Friuli Lucatello, che non cesserà mai di essere realista pur nella sua originale accezione del termine, trova la materia adatta al suo temperamento: una terra aspra, asciutta, essenziale, nella quale si possono tuttavia cogliere infinite varianti liriche e appassionate. I suoi "periodi" si susseguono ora dai Tagliamenti alle Terre, ai Tramonti, ai Soli, agli Ostacoli, alle Nature del Friuli fino ai Musi (la catena montuosa che circonda Tarcento, dove visse) che si interrompe con la morte precoce.
Se a Venezia Lucatello aveva raggiunto una considerevole notorietà, in Friuli, pur partecipando alla vita culturale della regione, visse volontariamente ai margini della storia artistica coeva.

 

 


inizio pagina