In questo tumultuoso
e caotico rimescolarsi di valori e di pseudo valori, di senso e
di non senso, di "ismi" e di tradizioni ancestrali e di
modernismi futuribile, il discorso culturale si fa sempre più
sfaccettato e nebbioso. Il vivere quotidiano, e la lotta contraddittoria,
tutto del gesto umano si fa cultura e tradizione. Ma la tradizione
e la cultura vanno intese come gli innumerevoli segni
di unesperienza trascorsa, che diventa conoscenza oggettiva
e non, come di frequente accade, un tutto cui si guarda con ottusa
incapacità o addirittura con furba speculazione.
Luomo è tale quando riesce a reinventarsi allinfinito.
Purché questo nascere continuo abbia in sé una dinamica
vera, in proiezione, e non si riduca invece a un moto introverso,
quasi statico nellessenza.
In questi termini il discorso comincia a farsi più chiaro,
e più chiara la responsabilità delloperatore
culturale, si tratti dellartista o si tratti del critico che
vuol fargli da interprete.
Dellartista, che quando trasmette il suo discorso allaltro,
già ha captato la tradizione, che è stata storia,
e cerca la sua forma nel rapporto costante con il presente, che
è storia che si fa.
Del critico né sintenda questo uno sfogo personale
che non può continuare (come troppe volte ha fatto
in questo secolo confuso), a manipolare un discorso parallelo, che
è suo e non dellartista di cui parla, e che troppo
spesso riflette un soggettivo fallimento di ambizioni non risolte.
Egli deve, con qualche umiltà dopo tutto, e senza tanta preziosa
degnazione, individuare lartista al di sopra delle mode mercantili
e far da tramite nel spiegare un discorso che è sempre semplice,
quando è autentico, ma che si è voluto finora mantenere
ermetico e difficile per farne merce da iniziati.
Se lo sa fare e non dimenticando mai comunque che anche lultimo
degli artisti è uno che le mani se le sporca, e fa lo sforzo
di capire.
E questo si collega, in un certo modo, alla questione del dissenso,
sul quale la Biennale di Venezia ha recentemente montato il suo
gigante dargilla. Perché se è giusto che sia
del tutto libero il dire di ognuno, e dellartista massimamente,
non si dimentichi che in questa nostra decantata civiltà
occidentale lintolleranza nei confronti dellartista
male accetto al potere è esistita ed esiste ancora, dilaniante
e distruttiva nella sua squallida indifferenza, fatta di violenza
mentale e pratica di ogni grado, che ha spento e spegne tantissime
voci.
Per questo è rivoltante la speculazione interessata che oggi
viene fatta di questo dissenso lontano, esaltando insieme i migliori
con le erbe secche e ragionando di cose di casa daltri trascurando
le nostre.
Il pensiero si libera con la lotta costante e cosciente contro il
sistema prima e, di là dei muri, contro la vecchia cultura
che resiste. Il nostro, di qua, è certamente un lavorare
in svantaggio.
Albino Lucatello
Su un punto sono daccordo tutti: il personaggio.
Eppur se limmagine che se ne fa pretestuosamente concede di
evitarne limpatto, sfuggirne la comprensione e, svicolando
in fretta, liquidarlo brutta gatta da pelare essa,
limmagine, ha tuttavia un risvolto che mi vien comodo consumare.
E, dunque, Lucatello, bizzarro, pittore un po matto,
forse strano, polemico certo e non cortese: "out", intellettualizzando.
Così luomo come lartista e non fa una grinza.
Perché è vero. Come vera è la sua aggressività,
il suo impegno feroce, vera la morale della sua esasperata coerenza
che proprio in forza di essere morale e coerente si ritrova, compiutamente
sferica, "fuori" da ciò che morale e coerente non
è.
Eretico in virtù di un temperamento autentico, precisato
scontando sistematicamente sulla propria pelle un prezzo sempre
assai caro, a volte alto, riesce a sottrarsi a chi spera di coinvolgerlo
nella crisi dei valori, di consumarlo, azzerando, dialetticamente,
i parametri acquisiti e, con una continua rimozione e rimessa in
causa di quelli che di volta in volta potevano apparirgli e apparire
dei punti di arrivo (di consumo), ribalta la situazione costringendo
gli altri a pensare o a sfuggirlo.
Nei primi anni friulani, cui attinge questa mostra, sembra assicurarsi,
quasi ultimo valore, il contatto con una natura che gli è
specchio, straordinaria coincidenza, severa, senza cedimenti, di
una bellezza aspra in cui non si insinua la commozione o il sonetto.
Sulla natura del Friuli si getta con foga istintiva per capirla
(capirsi) da "dentro" e illuminarvela con la propria corrosiva
razionalità e abbattendo, iconoclasta, la superficiale immagine
abilmente guidata, scrostando ferocemente ciò che sa di orpello
o di ornamento polemizza violento con le deviazioni della società
(dialettica uomonatura).
Si pone istintivamente oltre il massimo cerchio dellapertura
del compasso della banalità e dei codici corrosi: ancora
"fuori".
E questa costante dellesser fuori è anche il suo stile
di mancare agli appuntamenti della compromissione, del discutibile
gusto, e le sue nere donne friulane, inattese nel disegno dismesso,
sono la più recente conferma. Vecchie donne sradicate dalla
collina (o colline sradicate?) con addosso una storia impietosa
di pietre e volti battuti da inganni, soprusi, violenze: boati lontani,
più vicini, di ieri il terremoto terribile ma non
ultimo né diverso di oggi, domani.
Disegni nati dal vero, un richiamo imperioso, la voce della terra
tremata "fuori" anchessi dal tempo consentito
cronaca e doveroso pianto corale quando son già storia,
"quella", sempre gli ex voto, per grazia ricevenda, che
in freschi colori più abili e accorti pennelli titoli
a tutta pagina hanno offerto al rituale invocato.
Per la stima che ho di Lucatello, il conto mi torna ancora.
Ho detto di lui e non della sua pittura? Ma è il solo modo
di dirne corretto. Lui è sempre e solo la sua pittura, i
colori non sono altro che il prolungamento dei suoi sensi, la sua
epidermide, il quadro di una situazione esistenziale: dallinterno
un autoritratto.
Renzo Viezzi
Albino Lucatello è nato a Venezia nel 1927 e ha iniziato
lattività artistica nel 1944. Da ormai diciassette
anni vive in Friuli, a Tarcento, e insegna allIstituto dArte
di Udine.
Ha esposto in moltissime collettive in Italia, Stati Uniti, Svizzera,
Germania, Francia, Jugoslavia, Olanda, Grecia, Turchia, Libano,
Spagna, Paesi Scandinavi e la più recente, nel maggio scorso,
allIstituto di Cultura Italiana di Vienna.
Molto numerose le mostre personali in Italia e allestero.
Lultima nel 76 a Venezia, al Palazzo delle Prigioni.
Ha esposto alla Biennale di Venezia, dove nel 56 ha ottenuto
il Premio Tursi, alla Quadriennale di Roma, alla "Italian Centennial
Exhibition" in California, alla "The Renaissance of Italian
Painting" a Pasadena, Usa, alla "Selection of European
Painters" di Houston, Texas.
Sue opere figurano in vari musei e in collezioni private italiane
e straniere.
Il suo studio di Vendoglio (Treppo Grande) è stato distrutto
dal terremoto. |
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Dal Catalogo della mostra Lucatello,
Centro friulano arti plastiche, Udine, via B.O. da Pordenone
Galleria del Centro dall11 al 26 febbraio 78 |