È il dopoguerra. Venezia è
palpitante
di curiosità: la città in fermento sembra darsi una
scrollata con lo strepito un po ingenuo
ma spontaneo che viene dallacceccante
illusione di una libertà totale a portata di mano, lì
pronta ad essere acchiappata.
Larte si sta reinventando nelle accese
discussioni più o meno improvvisate al Bottegon, nei dibattiti
quasi rissosi,
tante volte incongrui, alla Bevilacqua La Masa. Si formano i gruppi.
Il Fronte Nuovo delle Arti scopre il cosmopolitismo a tutti i costi,
che infrange le barriere del provincialismo dei sentimenti. È
un gran baccano e a starci dentro con quel po di talento e
di fortuna, cè il rischio di farsi un nome, di far
da bandiera alla nuova critica emergente.
Lucatello partecipa e ascolta, con lansia
rabbiosa di non lasciarsi scappare lessenziale che insegue.
Ma il suo dialogo con la pittura è solitario, fatto di intimità
gelosa: non accetta accostamenti, collegamenti, scuole.
Passa giornate intere nelle sale rivelatrici
della Biennale, che portano messaggi
luminosi ai giovani artisti incupiti dalle scorie dellaccademismo
nostrano.
Esuberante e generoso, ha tanti amici e tante storie di donne. Storie
che vive con allegro disimpegno ma nelle quali identifica quel
bisogno incessante di sentirsi coinvolto nel pulsare frenetico della
vita che lo investe.
La donna sarà per lui costante argomento di stupenda contrapposizione,
sui volti di donna che disegna e dipinge scaricherà la dolcezza,
la speranza, la rassegnazione del vissuto umano e finirà
per immergerla nella natura fino a scomporne il nudo nel paesaggio.
Ma anche, giovanissimo, sinnamora.
E sarà il sodalizio di una vita: fatto di tenerezza e stima,
di tumulti improvvisi e di amicizia profonda, di scontri anche aspri
ma di reincontri continui. Sarà la famiglia e numerosa
fonte irrinunciabile per lui, nel disegno di una vita dove
allo struggente lirismo di un mistero sospeso si mescola il sapore
terragno di un razionalismo rigoroso.
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