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Disegna instancabile volti di donne, di vecchi,
e la lunga serie dei carbonai che, trasportati i sacchi lungo la riva
di San Vio, neri fin dentro le pieghe dei volti sudati, vanno a farsi
il bicchiere al Cantinone Storico che era
allora una splendida osteria, densa di ombra soffusa, odorosa di legno
macchiato di vino. Con loro fa amicizia. Stanno in posa,
con quel po di saggezza ironica, e poi
lo sfidano a braccio di ferro.
Partecipa alle collettive annuali della Bevilacqua La Masa: la prima
volta gli scartano un quadro poi gli fanno intendere che è
fatto solo per la grafica, e lui sente nei premi che concedono ai
suoi disegni il sapore della
polemica. Un riconoscimento per la pittura in quella sede non lo avrà
mai
Manda quadri e disegni ai tanti Premi, di varia dimensione,
che cominciano a proliferare
ovunque, compresi gli extempore: cè sempre il caso
di tornare a casa con qualche soldo, la domenica sera. Ha inizio così
il lungo mai
risolto contrasto con i dignitari dellarte che
lentamente farà di lui un isolato sdegnoso,
ostile e testardo fino al limite del rifiuto. La Fondazione Bevilaqua
La Masa gli assegna uno degli studi di Palazzo Carminati a San Stae,
che conserverà per dieci anni. Tante scale e poi quelloasi
di incantata solitudine dove poter dipingere i suoi tetti,
quella
tranquilla distesa di tetti sempre uguali e sempre nuovi nella luce
che cambiava, dove loggetto cominciava a perdere valore quando
importante era limpianto dei volumi
e il contrasto delle masse di colore.
Quello studio significa tanto per lui, uno spazio tutto suo dove finalmente
può confrontarsi nel suo dialogo silenzioso con la pittura.
Soldi non ne ha sono un proletario
aristocratico, dirà poi sempre con orgogliosa ironia. Vende
e svende il suo lavoro
per comprarsi le tempere da macinare su un marmo improvvisato, per
comprare rotoli di carta da pacchi su cui sfogare col carboncino lesigenza
di fare e disfare. |
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