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Ed è forse qui che si configura lidea
di
realismo che si fa tema dominante di tutta la sua pittura. Il solo
a centrare il discorso con felice intuizione e con inusitata chiarezza
sarà, in un articolo in occasione di una personale, il giovane
Bruno Rosada. E Lucatello ne
conserverà un ricordo di stima e rispetto per tutta la vita.
Perché gli amici tra i critici sono pochi davvero. Avvertiva
quando il dialogo si fermava sul filo epidermico del quadro, sul gioco
spesso ingannevole degli accostamenti dobbligo, sul voler cercare
a forza un indirizzo, un gruppo, un ismo di comodo dove appiattirlo.
Allora
sirrigidiva, si faceva polemico e al critico perplesso ribadiva
la sua caparbia, incompresa insofferenza per la tradizione e per la
storia. Che cosa voleva dire per lui uscire dalla
tradizione, contestare la stessa dialettica della storia? Significava
andare alla ricerca di
un linguaggio nuovo, che riportasse il dialogo delluomo con
la natura allinterno, e dunque fuori dal sistema (storico) che
produce
alienazione e distruzione. E allora, per lui
pittore guardare diversamente il reale, fare quadri realisti
rompendo la prospettiva classica e proponendone una diversa: concentrarsi
nel particolare e lasciarlo dilatare senza costrizioni precostituite.
Proporre un modo alternativo di pensare la natura, di pensare luomo,
di pensare se stessi. E sempre mostrava diffidenza verso quellavanguardia
tanto spesso gratuita, priva di costruzione interiore: ognuno ha le
sue radici geografiche e ambientali, così come una pianta,
come un animale, ed è
contro natura ignorarle. Un pittore cosmopolita, diceva, non è
che un rappresentante
di commercio. |
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