Nella condizione
attuale la pittura di Albino Lucatello presenta una carica di significati
non indifferenti, e penso che una considerazione critica di essa
possa riuscire utile allaccertamento delle condizioni attuali
dellarte.
Il progressivo processo di alienazione delle arti visive verificatosi
in Europa negli ultimi ottantanni è stato costantemente
affiancato dalle opinioni più diffuse dei filosofi. Tutta
la cultura occidentale si è in questo periodo storico portata
su posizioni più o meno consapevolmente idealistiche, che
trovarono sovente il loro appoggio nella critica della scienza (convenzionalmente,
contingentismo) e nella conseguente sfiducia in essa (intuizionismo,
esistenzialismo). Comunque le arti visive sono riuscite in definitiva
a darsi una sistemazione adeguata entro lambito dellastrattismo
(genericamente inteso) e del nonfigurativo, dove lopera
"non significa, ma si significa". Si salvava così
lassolutezza del fatto artistico; assolutezza, direi, storicamente
indispensabile alla sua dignità, dopo che i filosofi lo avevano
in definitiva fatto strumento di conoscenza di quella verità
più vera, che sfugge ai dati e dellintelletto geometrizzante
e dalla ragione dialettica.
Ma poteva forse la forma artistica, chiusa in se stessa come una
monade, respingere più a lungo quella effetualità
dellarte che la vita stessa richiede? Evidentemente questa
rottura della forma, questa sconnessione dellopera, che il
Futurismo aveva cercato fin dalle origini nel dinamismo e il Surrealismo
nel paradosso, diventava inevitabile, e fu realizzata dalla pittura
informale. Eppure nellambito di questa la nonforma resta
pur sempre a significare se stessa. Se pur esce dalla tangente della
forma chiusa, non perviene però ad altra realtà che
a quella suggestiva ma trascendente dellinfinito.
Albino Lucatello, forse per temperamento o forse anche per condizione
sociale, ha sempre rifiutato luna e laltra posizione,
proprio per il carattere idealistico. Larte astratta, formale
o informale che sia, rifiuta a priori la possibilità di conoscere
il mondo esterno, anzi, nella sua assolutezza, accantona questa
posizione come dogmatica; il realismo vive invece di questa condizione
dialettica che è il mondo esterno. E Lucatello è realista.
La sua arte respinge ogni tentativo di interpretazione puramente
sintattica, e quindi formale, è tipicamente semantica, cioè
allusiva, mimetica, rinvia sempre a un oggetto, e questo oggetto
è materia. Con ciò intendo dire che la pittura di
Lucatello si distingue anche da altra pittura, pure semantica: lautomatismo,
per esempio, che rinvia ai contenuti psichici dellartista,
e il surrealismo o il neoclassicismo, che rinviano bensì
a oggetti, ma a oggetti ideali e astratti, in definitiva forme.
Larte di Lucatello è quindi realista ponendosi come
riproduzione di un oggetto materiale.
Come mai allora appare così diversa nei suoi moduli costitutivi
dellarte realista ufficiale? Come mai essa accantona gli elementi
paesistici e naturalistici che servirono a designare larte
neorealista nel senso pittorico del termine?
Evidentemente ciò che è mutato in lui non è
il senso del rapporto operaartistarealtà; questo
rapporto in lui è rimasto costante ed è la radice
del suo realismo. Ciò che è mutato in lui è
loggetto, sono le dimensioni stesse della realtà oggettiva.
Diciamolo francamente: la pittura neorealista, se poteva avere in
sé le intenzioni per una nuova dimensione dellumano,
non riuscì però ad avere gli elementi per rivendicare
completamente le nuove dimensioni della materia che la scienza moderna
ha rivelato.
Naturalmente lequivoco ha una giustificazione, che tuttavia
non lo nega come equivoco. Lestetica marxista ha badato a
giustificare larte nel campo del materialismo storico più
che in quello del materialismo dialettico, dimenticando che se il
passato delluomo appartiene alla storia, latto presente
ha dalla sua la dialettica.
Il rapporto arte società ha allora preso il posto del rapporto
arte materia (e in sede di integrazione culturale del rapporto arte
scienza), e siccome nellatto è la dialettica comunque
a trionfare larte ha dovuto assolvere a una funzione educativa,
instaurare un rapporto dialettico fra strutture e sovrastrutture
anziché tra uomo e natura. Ora nessuno vuole negare la funzione
educativa dellarte, che le spetta in nome del posto che essa
occupa nellumano, ma bisogna ben riconoscere che il momento
educativo è sempre posteriore a quello artistico, e mai viceversa.
Il fatto educativo per se stesso si presenta sempre come mezzo,
mai come fine e la pedagogia, per esempio, ha da preoccuparsi del
come, non del che cosa si insegna, laccertamento dei contenuti
delleducazione essendo pertinente ad altre scienze (la morale
trattandosi delleducazione integrale; le scienze particolari,
trattandosi delladdestramento a tecniche particolari).
Larte pertanto è sempre intimamente legata al fatto
educativo, in quanto essa presiede alla dinamica di questo e lo
pone come mezzo e non come fine; ma appunto per questo è
pregiudiziale, e non può mai tenere dietro a esso. Questo
ha a mio avviso ben compreso Albino Lucatello, e la sua arte non
cessa di agire nel mondo, di essere impegnata, quantunque gli oggetti
dei suoi quadri rifiutino ogni carattere apparentemente rappresentativo
per essere pregiudizialmente impegnato cè pericolo
risulti in definitiva oleografico e rettorico abdicando per ciò
stesso alla funzione prefissasi. Per ciò Albino Lucatello
attraverso questo processo batte la strada del realismo, per il
carattere più accentuatamente materialista della sua pittura;
perché egli mira alla qualità estetica: quella educativa
viene da sé; e la sua poetica risulta per ciò stesso
un approfondimento del materialismo e una coscienza della sua dialettica.
Una nuova dimensione della realtà, ovviamente una realtà
a nuove dimensioni, si è aperta dinanzi ai suoi occhi. I
paesaggi del Delta hanno tutti unapertura immensa, che dà
suggerimenti cosmici: la terra convessa e sudata sembra vista da
uno sputnik trionfante. E da questa curvatura del cielo e della
terra viene ai suoi quadri il lirismo di una prospettiva nuova,
il cui spazio è pur sempre umano, perché tridimensionale,
ma agito con emozionalità diversa, dove ritrovi già
la preoccupazione scientifica, il bisogno di un rapportarsi al macrocosmo,
limpegno della fedeltà al proprio tempo.
Ma perché questo non sembri ovvio, Lucatello porta la sua
ricerca di una realtà più attuale a un livello ancora
più intimo. Le sue Nature morte sono una sfida al gusto corrente,
che aveva bandito questo termine dal vocabolario artistico, e la
dimostrazione che non esiste una materia poetica e una materia impoetica,
ma solo la materia, e di fronte a essa luomo nel suo rapportarsi.
Bruno Rosada |
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Breve saggio di Bruno Rosada del
1959 sulla rivista Evento, (settembreottobre pp.
34-36) pubblicata a Venezia.
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