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Scriveva in
quegli anni il critico Bruno Rosada (nella
foto con l’Artista) |
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Anni 50: i delta |
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Era difficile per Lucatello far
capire a quanti guardavano, dubbiosi anche se ammirati, i suoi
quadri, che lui era, continuava a essere, un pittore realista.
Nel 1958 ritorna per alcune settimane in Polesine (Rovigo).
C’era già stato assieme ad altri artisti in una
spedizione voluta dal Partito, all’indomani della grande
alluvione del 1951. Se allora l’artista aveva ritratto
col carboncino molte donne con i duri segni della miseria sul
volto, adesso la sua attenzione è soprattutto attratta
dal delta del Po. La terra scurissima, umida e grumosa e l’acqua,
piccoli stagni inondati di luce, che lui dipinge bianchissimi
o rossi o bruni. C’è solo terra e acqua, e a prima
vista non si afferrano i riferimenti al reale, sembra astrazione
ma non è così, perché egli guarda e riporta
sempre l’oggetto fuori da sé, anche se circoscritto,
anche se manca l’appiglio di una casa o perfino, a volte,
la linea dell’orizzonte. Basta dunque accompagnarlo nella
sua visione e convincersi che il reale, la cosa, può
essere vista e rappresentata in modo diverso dal figurativo,
ma pur sempre strettamente legato alla realtà. |
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...Una nuova dimensione della realtà, ovviamente una realtà
a nuove dimensioni, si è aperta dinanzi ai suoi occhi. I paesaggi
del Delta hanno tutti un’apertura immensa, che dà suggerimenti
cosmici: la terra convessa e sudata sembra vista da uno sputnik trionfante.
E da questa curvatura del cielo e della terra viene ai suoi quadri
il lirismo di una prospettiva nuova, il cui spazio è pur sempre
umano, perché tridimensionale, ma agito con emozionalità
diversa, dove ritrovi già la preoccupazione scientifica, il
bisogno di un rapportarsi al macrocosmo, l’impegno della fedeltà
al proprio tempo...
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