Trapiantato
in Friuli da sei anni, il veneziano Albino Lucatello espone per
la prima volta, in una nutrita personale, oltre venti dipinti recenti
e meno recenti. A rileggere le sue note biografiche (230 mostre
collettive in Italia e allestero, premio Tursi alla Biennale
di Venezia, ventuno rassegne personali, decine e decine di opere
entrate in musei darte moderna e nelle case di collezionisti
italiani e stranieri) vien da chiedersi come abbia potuto star quieto,
qui da noi, per tanto tempo. E per quali ragioni soltanto ora
con il tramite del Circolo bancario udinese che ha il merito di
aver allestito la sua bella mostra si sia deciso a mettere
la testa fuori di casa (vive a Tarcento e insegna allIstituto
darte udinese) per farsi conoscere dalla gente di questa terra.
Una terra della quale si è innamorato, lo dice come una confessione:
si tratta di un sentimento che si riflette nei suoi dipinti degli
ultimi anni.
Ma la verità è che Lucatello è pittore schivo,
tuttaltro che diplomatico, nellaccezione che oggi si
dà al termine per indicare chi sollecita consorterie, dialettiche
o commerciali che siano. E che questo sia suo modusvivendi,
lo conferma, indirettamente, anche Diego Valeri, che presenta la
mostra, scrivendo: Egli non ha mai ceduto a impulsi, tanto meno
obbedito a comandi, venuti da fuori. Non per superbia o protervia,
certo; ma per bisogno di assoluta sincerità verso se stesso
e verso gli altri.
La pittura di Lucatello, dunque, prima di tutto è un atto
di estrema chiarezza. I dipinti esposti nelle sale del Bancario,
non si possono distogliere, ciascuno, dai paesaggi che li hanno
suggeriti. Le opere che rimandano alle impressioni suscitate dalla
tormentata terra del delta padano sono le più ordinate, compositivamente.
Qui, il tentativo di raggiungere il più alto rigore formale
nuoce, forse (ancorché serva la piacevolezza dimpianto)
alle condizioni spirituali che, alla base, lavevano sollecitato:
linteresse dellartista, cioè, per gli squarci
e i sommovimenti di un suolo tormentato dalle stesse forze della
natura.
Ma le opere più recenti, che alla mostra sono la maggior
parte, superano anche questa condizione. Si direbbe che il contatto
con il Friuli abbia mutato il temperamento di Lucatello, o meglio
sia avvenuta in lui una sorte di adeguamento a quelle forme e a
quei colori che sappiamo egli predilige e cerca, in lunghe evasioni
fra i colli del Cividalese, o verso le Prealpi carniche o attorno
alla sua Tarcento. Lucatello non chiede soccorso, in verità,
al profilo reale delle cose. La sua è pittura trasfigurata,
pittura illimpidita da percezioni pure, a livello dellistinto;
seppure inseribili, nella nascita, nelle esperienze di ogni giorno.
Al punto che le sue astrazioni assumono valore e significato più
misteriosi, e perciò più poetici, proprio per questa
mancanza di descrizione oggettiva, in ossequio alle istanze dellanima.
Non a caso Diego Valeri, in occasione di questa mostra che rientra
nelle manifestazioni Primavera 67 del Bancario, scrive ancora: Qui
cè, un senso mistico, unattesa forse inconsciamente
religiosa, che di continuo cerca il confronto con la materia e,
nel confronto e nellurto, le infonde unanima poetica,
un indubbio significato spirituale.
La rassegna, inaugurata sabato scorso a Palazzo Kechler, rimarrà
aperta fino al 14 maggio. È una buona occasione per chi ama
la buona pittura. |
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dal Messaggero Veneto,
1º maggio
1967LUCATELLO AL BANCARIO
di Franco Giliberto |