Il Friuli di
Lucatello. Nellopera di Albino Lucatello la magmaticità
della natura non si propone con oggettivismo viscerale e organico
come avviene, ad esempio, in un Morlotti. Rientra, invece, in una
visione soggettiva che presuppone la partecipazione umana, come
percezione o, meglio, come impulso vitalistico che fa della natura
stessa la proiezione di una situazione esistenziale. Perciò
Lucatello se tecnicamente riprende il discorso materico di un Fautrier
o di un Wols e il gestualismo di un Pollock, dà ai dipinti
una scansione espressionista sottesa dal sentimento. Lucatello,
in sostanza, non dipinge la storia della natura, ma
la storia dei sentimenti in relazione alla natura. La sensualità
tonale derivatagli dalla formazione e cultura veneziana, a contatto
con il Friuli, dove lartista si era trasferito alla fine degli
anni Cinquanta, si carica di corposità. Pur nella dilatazione
astratta, del Friuli è resa linterpretazione drammatizzata
o liricizzata, e non già la congestione geologica divenuta
essa stessa personaggio, come avveniva, ad esempio, nelle pagine
finali del romanzo di Elio Bartolini Chi abita la villa.
Ad Albino Lucatello sono dedicate a Udine due mostre: alla Galleria
darte moderna i dipinti dal 64 all84, anno della
sua morte; al Centro friulano arti plastiche i disegni dal 52.
Ma è la rassegna alla Galleria darte moderna quella
che dà la misura della personalità di Lucatello e
del suo contributo, non sempre adeguatamente riconosciuto, allarte
italiana da un lato, veneta e friulana dallaltro. Nel panorama
nazionale Lucatello, seppur sottovoce (il carattere lo portava a
isolarsi da gruppi e consorterie), dimostra che in unepoca
nella quale la ricerca si orientava soprattutto verso esiti intellettualistici
o selvaggi, si potevano introdurre le grandi esperienze
dellarte internazionale di gesto senza negare le ragioni profonde
di una pittura umanistica capace di riaffermare la propria funzione.
Nellarte veneziana, facendo salvi i principi atmosferici,
introdusse una forza morale e terragna. In Friuli dimostrò
che era possibile esprimere le vene segrete, drammatiche o gioiose
di una realtà collettiva sganciandosi completamente dal neorealismo
e dalle sue derivazioni surreali, nonché dalla sublimazione
dellimmagine della memoria, con un linguaggio vicino agli
esiti dellavanguardia doltreoceano impregnato di duri
sapori agresti.
La mostra alla Galleria darte moderna è aperta sullo
scalone, dal monumentale verticalismo di una tela appartenente al
capitolo degli Ostacoli (1975). Sullo sfondo bianco
si campiscono due blocchi neri raccordati da un forte segmento.
Il riferimento immediato e superficiale va a Klein. Ma allazionismo
automatico di Klein, Lucatello oppone una volontà costruttiva
che sottintende riflessione e presa di coscienza: lemozione,
insomma, filtrata attraverso la razionalità, risolta in equilibrio
compositivo. Latteggiamento resta costante nellartista
veneziano di Tarcento, anche quando egli sembra frantumare
lunità, della tessitura pittorica in un vermicolare
di grumi cromatici strizzati sulla tela direttamente dal contenitore
di segni e macchie intrecciate o sparse, che rivelano, invece, una
severa e rigorosa calibratura. La sorpresa della mostra è
offerta dal ciclo sulla catena montuosa dei Musi, cui Lucatello
si dedicò nellultimo periodo. Sulla tela accartocciata
e spiegazzata si allargano i grigi e le terre dei monti tarcentini,
di fronte ai quali il pittore trascorreva ore in una sorta dincantamento.
Sono lesaltazione di una materia aspra e frammentata, trasformata
in luce.
Nella grafica vengono proposti i ritratti realistici a carboncino,
volti sofferti di uomini e di donne: dalle mondine e dai carbonai
degli anni Cinquanta alle vecchie profughe di Grado dopo il terremoto
del Friuli. Rappresentano i nuclei tematici di quellattenzione
per le vicende delluomo, che nei dipinti si innerva nelle
pieghe del paesaggio |
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da Il Gazzettino ,
15 giugno 1988
IL FRIULI DI LUCATELLO TRA STORIA E NATURA
di Licio Damiani |