Per molta gente
capire gli altri è un assillo. Per chi tenta di fare il critico,
capire diventa un dovere.
Ogni tanto una simpatica amica pittrice si chiede: Ma a che
serve la critica? È un gentile eufemismo, per dire
che i critici non capiscono niente. Non è facile rispondere
a una tale osservazione, perché bisogna ammettere che capire
gli altri non è facile; anzi, è molto difficile se
questi altri sono sopra tutto dei pittori.
Uno scrittore usa un linguaggio ormai reso convenzionale, cioè
usa parole sul cui senso cè un minimo di certezza;
e, se ci sono dei dubbi, si può sempre ricorrere a un vocabolario
sia della lingua scritta sia di quella parlata. Ma dinanzi a un
quadro di un pittore che dilata grandi macchie di colore pastoso,
massa grumosa di nero, che si fa? A quale dizionario si ricorre?
Qui, naturalmente, si tenta di dialogare con qualcuno fornito di
un minimo di onestà mentale: cioè con un artista o
con un amatore darte qualsiasi, abituati a non ingannare né
gli altri né se stessi. Cè chi tenta di ingannare
solo gli altri, e sono quegli artisti che parlano sempre male dei
colleghi, perché larte vera la fanno soltanto loro.
Costoro danno dellincompetente a tutti i critici, perché,
è chiaro, capiscono solo loro. Molti di questi sono però
in malafede, perché sanno che il problema dellarte
è complesso e, nella sostanza, inesplicabile.
Poi ci sono quelli che ingannano se stessi prima degli altri. In
genere questi sono i giovani pittori, i quali sono convinti di essere
depositari di un messaggio divino: sii benedetto, perché
a te confido il segreto dellarte. E ci credono. Bisogna aver
pietà di loro, perché soffrono veramente nel constatare
che gli altri non capiscono che sono loro gli unici a capire. Questi
li lasciamo da parte. Hanno tutta la nostra affettuosa comprensione.
Infine ci sono quelli che riconoscono la difficoltà e la
complessità del problema. Questi partono da una posizione
di onestà mentale: larte, nella sua essenza, è
indefinibile, insondabile, inconoscibile. Ma allora perché
tutto questo parlare darte? Non cè contraddizione.
Pure la vita, nella sua essenza, non è una cosa facile, ma
ciò non impedisce che da millenni il cervello umano si affanni
a capirla, a darle un senso, a scioglierne i perché. Limportante
è vivere, sapendo di vivere con un senso, non importa quale.
Ora, questo preambolo, un po lungo in verità, serve
per introdurre il discorso su Albino Lucatello, un pittore da collezionisti,
perché difficile da capirsi. Come mai allora cè
gente che fa collezione dei quadri di Lucatello? Abbiamo conosciuto
due suoi collezionisti, in casa dei quali abbiamo visto tanti quadri
di Lucatello in soggiorno. In questa stanza io passo la maggior
parte delle mie ore libere, ci ha detto. Cioè in mezzo
a tanti quadri di Lucatello.
Una parete della stanza è occupata da un solo quadro di Lucatello,
composto da una distesa di giallo, al cui centro si genera una proliferazione
di svirgolature più o meno sottili, più o meno grumose.
Diciamo subito che il quadro esercita un fascino sul visitatore.
Cè chi dice apertamente: il quadro è bello.
Diamo come scontata questa emozione estetica. Passiamo alla domanda
inevitabile di coloro che chiedono: Ma che cosa significa?.
A questo punto entrano in lizza quelli che capiscono tutto e quelli
che si rifiutano di capire.
Ai primi si può dire con dolcezza che mentono per la gola,
perché in quel quadro e in molti altri quadri di Lucatello
non cè un significato per la semplice ragione
che non è nellintenzione dellartista veicolare
significati o sensi. Il suo operare si muove
fra i moduli della ricerca estetica e la ricostruzione sintomatica
di emozioni. Spesso queste emozioni partono da appunti di sensazioni
dinanzi al paesaggio friulano, risolto attraverso macchie di verde
e di nero.
Come si fa a capire che questi quadri sono legati al Friuli? Non
si capisce e non si può capire dai quadri. Quelle macchie
di verde e di nero, in quanto segni capaci di trasmettere sensazioni,
emozioni, suggestioni, pensieri, non hanno un senso univoco, perché
sono per loro natura polisensi, cioè possono
voler dire molte cose. Come si stabilisce che veicolano questo e
non un altro senso? Dal contesto, dal raffronto, dalla ricerca di
analogie, attraverso le testimonianze o le confessioni dellartista,
ma in sé e per sé quella macchia verde non significa
il paesaggio friulano, né può significarlo in quanto
macchia neutra, priva di connotazioni iconograficamente
precise.
E allora tutti i discorsi di coloro che capiscono tutto sono menzogne
di semianalfabeti. Le persone con un minimo (con i tempi che
corrono) di serietà non dicono di capire gli eventuali significati
di quei quadri, ma parlano dintense emozioni pittoriche che
si sprigionano da quelle tele sulle quali i colori non sono posati
a caso ma accostati, messi in contrasto, ravvicinati, in modo da
creare di volta in volta una struttura emotiva, con una sua intima
armonia, spesso in opposizione a certi schemi della pittura tradizionale.
Sono dunque i quadri di Lucatello delle opere aperte dove ognuno
a seconda che ami o rifiuti questo genere di pittura
può trovare le emozioni intense di ricerca pittorica condotta
sul filo della libertà inventiva, ma rigorosamente controllata
nel suo farsi: Per gli altri, per quelli del rifiuto, questi quadri
restano incomprensibili, e non li sfiora il sospetto che unopera
può essere incomprensibile alla mente, ma essere chiarissima
alla sensibilità. Naturalmente, per gente mentalmente onesta,
senza pregiudizi e prevenzioni, cioè per persone che si fanno
sempre più rare nonostante il dilatarsi degli orizzonti scientifici. |
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dal Messaggero Veneto
del 18 agosto 1975
Una ricerca sul filo della libertà inventiva
LE EMOZIONI DI LUCATELLO
di Salvatore Chiolo |