VENEZIA
Albino Lucatello (1927-1984): un veneziano trapiantato in Friuli.
Lucatello era un uomo mite, ma un pittore di polso energico. La
sua partenza, negli anni fervidi del dopoguerra , è stata
in direzione realista, come del resto altri giovani della sua generazione
gravitanti allora attorno alla Bevilacqua La Masa. Disegni secchi,
scattanti, duna risentita crudezza. Verso la metà degli
anni Cinquanta dipinge con turgore espressionistico: grandi sciabolate
di colore, che rendono i vettori di forza di un paesaggio visto
dallalto. Tra il 1958 e il 1959 la svolta: il colore si raggruma,
si partisce tra il nero profondo e un unico tono (rosso o giallo).
La grande lezione europea dellinformale è vicina (Burri,
Tapies, Fontana, Appel). Ma Lucatello non perde il contatto con
la natura: i suoi restano sempre paesaggi, sintesi di paesaggi.
Cè in essa una cupezza espressiva, un taglio lancinante,
un senso di terra amara. Il nero urla la sua violenza.
Poi, dal 1961, Lucatello lascia Venezia e si trasferisce in Friuli.
A Tarcento. Ecco che la pittura abbandona anche la linea dorizzonte
(come nel dipinto accanto al titolo) e si libera dogni impaccio
naturalistico: diventa pura luce, puro colore. Resta però
sempre un succo profondo, un profumo, unessenza. Lucatello
non è un edonista. Il suo informale permane ancorato alla
matrice spazialista di altri artisti veneziani a lui vicini (Bacci,
Gaspari, lo stesso Tancredi). Cè unestrema libertà,
innervata da una allusività disperata, persin patetica. Lucatello
si rivela cioè un sentimentale, un emotivo. E così,
con esiti alterni ma mai banali, egli prosegue sino alla morte improvvisa,
confermandosi pittore autentico, senza infingimenti, anche laddove
sfiora il manierismo. |
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da Il Gazzettino,
1 aprile 1986
UN VENEZIANO IN FRIULI
di Paolo Rizzi |