Visitando la
mostra che Albino Lucatello ha presentato al Centro friulano arti
plastiche, si ha la sensazione di essere coinvolti in un ambiente
vivo, vegetale, con le sue linfe, i suoi succhi, le sue prospettive.
Grandi tele, svolte su variazioni di verdi umidi, o bianche lacerate
da segni neri profondi, catramose, o grumi di pigmento come punti
di colore che si dilatano nello spazio bianco, sono i momenti di
un discorso rigoroso e coerente; si aggiungano i ritratti dei contadini
veneti e friulani degli anni del neorealismo o anche recentissime,
a segnare una continuità sostanziale dispirazione,
pur nel fluire e nell'evolversi del discorso.
Una pittura questa di Lucatello, che avvolge e penetra con uno spessore
denso, ma non una pittura devasione. Cè in essa
forza e rabbia e come un'urgenza drammatica di comprensione e di
approfondimento, sostenuta da una materia che secondo quanto
ebbe a scrivere Berto Morucchio si fa essa stessa natura,
aggredendo losservatore con la sua drammatica concretezza.
Una pittura scoperta, aperta agli occhi di tutti, secondo il giudizio
di Diego Valeri.
Affermatosi tra i giovani artisti veneziani del dopoguerra, Lucatello
partecipa a diverse mostre importanti tra le quali, nel 48,
una al Circolo artistico friulano con Vedova Pizzinato, Zigaina.
Assorbì, quindi, lesperienza informale, non come moda,
ma per liberare lorganicità della trama cromatica e
a questa esperienza è rimasto sostanzialmente legato. Il
che non significa staticità ma, al contrario, dinamicità
dispirazione, capacità di essere ricettivo alla storia
del proprio tempo.
Nel 1956 Lucatello vinse il Premio Tursi alla Biennale di Venezia.
Nello stesso anno partecipò alla Quadriennale romana. Da
17 anni vive a Tarcento. Lesperienza friulana è stata
determinante per i contenuti della sua arte, che media razionalità
critica e foga istintiva, diretta a penetrare loggetto, a
renderne la sostanza segreta. |
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da Il Gazzettino,
27 febbraio 1978
LUCATELLO CON RABBIA
di Licio Damiani |