Bizzarro,
pittore un po matto, forse strano, polemico certo e non cortese,
out è la definizione di Albino Lucatello in uno dei
numerosi cataloghi che costellano il suo lungo iter
artistico.
Due occhi grandi, curiosi, lento nei gesti e nelle parole, aggressivo
e rabbioso nelle opere, veneziano ma acquisito friulano (da circa
ventanni in Regione), Lucatello è pittore da sempre,
si imbeve di pittura e di colore anche se alterna questa sua preminente
attività con quella di insegnante.
La sua dialettica, che non ha perso la dolcissima e pacata melodia
veneziana, che si snoda senza freni inibitori, ne fa un ritratto
preciso e oggettivo dal quale emerge un personaggio sui generis,
contrastato, proprio un po matto come riferisce il catalogo.
Lui, lAlbino, è la sua pittura, una pittura che è
stata realista e astratta perché, sono parole dellartista,
ho tratto dal cumulo delle esperienze del 900 la convinzione
che la forma può cancellare loggetto quando questo
non serve o addirittura ostacola la trasposizione emozionale di
un discorso; viceversa può recuperarlo in un momento diverso,
per fare magari un discorso identico. Lucatello mi ha colpito
una sera, quando, ancora prima del terremoto, aveva lo studio a
Vendoglio, studio ora ridotto a macerie. Enormi pareti erano occupate
da enormi quadri, pieni di larghe e rabbiose pennellate e di grumi
di colore apparentemente sprecato. Il legame con il colorismo veneziano
era evidente, era laspetto più eclatante. Fu allora
che mi venne in mente una domanda molto semplice e vera. Albino
era del parere che lartista capta le esigenze dei suoi simili.
Rimasi interdetta non riuscendo a intuire quali esigenze umane quelle
opere, fatte di rabbiose strisce colorate, interpretassero.
Melodiosamente mi rispose che un pittore non può mettersi
a livello mentale delle masse ma che, al più, le masse devono
essere educate alla comprensione, anche se larte è
fatta per loro e per le loro necessità.
E continuò La mia arte non è comprensibile,
perché non figurativa ma anche un Raffaello allora, se vogliamo
andar per il sottile, è problematico e di difficile comprensione
per i non addetti ai lavori. Ho cercato di andare oltre e sempre
mi supero, perché voglio stare nei tempi, aver vitalità!.
Non cè dubbio che in Lucatello la vitalità cè,
o meglio, laggressività che contrasta con la chiusura
dei suoi atteggiamenti e la lentezza delle sue parole. Anche a questo
proposito illumina una sua frase la chiusura è un fuggire
la mischia, il non essere dentro in certe situazioni, i quadri invece
no, sono la mia rabbia, la mia aggressività verso il mondo
anche se spesso mi attacco alla natura per assorbire le gioie della
vita, perché luomo è natura.
Parole obiettive. Lucatello infatti si vede poco, poco intrallazza,
vive oggi a Tarcento; ha dovuto ricostruirsi, dopo il terremoto,
lo studio altrove, la sua vita e la concezione di essa non è
cambiata negli anni: lartista venetofriulano è
un uomo che vive attimi intensi e sofferti, un uomo in fondo carico
di quella umanità e dignità umane come oggi raramente
si trovano. |
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Albino Lucatello, in Anni
80. Periodico di attualità, cultura e sport, anno I
n. 1, Udine, maggio 1980.
Manuela Terenzani |